venerdì 19 luglio 2013

Aforismi Gesualdo Bufalino

Aforismi Gesualdo Bufalino

Gesualdo Bufalino è stato uno scrittore e aforista italiano. Per gran parte della vita insegnante liceale, si è rivelato tardivamente, nel 1981, all'età di 61 anni con il romanzo Diceria dell'untore, grazie all'incoraggiamento di Leonardo Sciascia ed Elvira Sellerio.
Data di nascita: 15 novembre 1920, Comiso
Data di morte: 14 giugno 1996, Comiso
  • Capita a volte di sentirsi per un minuto felici. Non fatevi cogliere dal panico: è questione di un attimo, poi passa.
  • Ci sono due cose che esigono una buona salute per essere fatte: l'amore e la rivoluzione.
  • In un mondo di arrivisti, buona regola è non partire.
  • L'amore spesso è soltanto un prestito con cauzione.
  • La parola è una chiave, ma il silenzio è un grimaldello.
  • Un sociologo è colui che va alla partita di calcio per guardare gli spettatori.
  • Come ogni brutto sono sempre stato oggetto di passioni disinteressate.
  • Se volete sapere di più su di voi, origliate dietro le porte.
  • Un'idea innaffiata dal sangue dei martiri non è detto che sia meno stupida di un'altra.
  • Il peccato è stato inventato dagli uomini per meritare la pena di vivere, per non essere castigati senza perchè.

    • Non voglio esibirmi perché in tutto quel che scrivo sospetto una sorte di interminabile, falsificato pettegolezzo su me stesso.
    • Pregare, altro vizio solitario.
    • Del resto, previdenza e follia in me han fatto sempre tutt'uno, né ho mai rinunziato all'impossibile con la debole scusa che era, appunto, impossibile.
    • I vincitori non sanno quello che perdono.
    • La pittura di Franco Battiato, qualora pretendessimo di canalizzarla in un comodo alveo di neoprimitivismo, dimenticando la ricchezza operativa e intellettuale che la sorregge, rischierebbe di apparirci l'hobby d'un artista episodico e dimezzato; mentre, viceversa, osservandola con tutti due gli occhi, della natura e della cultura, ne vedremo i colori sposarsi affettuosamente alle note, alle parole, alle meditazioni dell'autore e in quest'alleanza, per non dire connivenza, spiegarci la cifra inconfondibile di un'anima.
    • Si scrive per guarire se stessi, per sfogarsi, per lavarsi il cuore.
    • Si scrive per dialogare anche con un lettore sconosciuto.
    • Ritengo che nessuno senza memoria possa scrivere un libro, che l'uomo sia nessuno senza memoria.
    • Credo di essere un collezionista di ricordi, un seduttore di spettri.
    • La realtà e la finzione sono due facce intercambiabili della vita e della letteratura.
      • Ogni sguardo dello scrittore diventa visione, e viceversa: ogni visione diventa uno sguardo.
      • E' la vita che si trasforma in sogno e il sogno che si trasforma in vita, così come avviene per la memoria.
      • La realtà è così sfuggente ed effimera... Non esiste l'attimo in sé, ma esiste l'attimo nel momento in cui è già passato.
      • Piuttosto che vagheggiare un futuro vaporoso ed elusivo, preferisco curvarmi sui fantasmi di ieri senza che però mi impediscano di vivere l'oggi nella sua pienezza.
      • Solo l'infelicità è degli uomini, la disperazione è di Dio.
      • Un teatro era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di parlarne, di ritornare a specchiarmi in un così tenero miraggio di lontananze.
      • Conviene, a chi nasce, molta oculatezza nella scelta del luogo, dell'anno e dei genitori.
      • Autoritratti: Quel pittore non è poi così brutto come si dipinge.
      • Battaglie: La ragione vince tutte le scaramucce. Vincesse una battaglia ch'è una!
      • Biografia: Nacque, omissis, morì.
        • Controfavola: "Il re è nudo!", gridò il bambino. Non era vero, ma nessuno della folla ebbe cuore di contraddire un bambino cieco.
        • Elezioni: Il sonno è di destra, il sogno è di sinistra... Votare per una lucida insonnia.
        • Sirene: Vissero feroci e stupende. Una laringite le vinse.
        • Un aforisma benfatto sta tutto in otto parole.
        • Autunno, stagione sleale.
        • Biblioteche, musei, cineteche... Non amo che camposanti.
        • Bisogna che abbiamo un'idea molto primitiva dell'eternità se facciamo tanto caso del morire a trenta o a cent'anni.
        • Certi amori sono soltanto sudori che si somigliano.
        • Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica.
        • Chi scrive per il suo tempo, disperi di sopravvivergli.

          • Ci vogliono virtù a iosa per fare un vizio.
          • Comunque vada la nostra partita con la vita finirà zero a zero.
          • Con le donne accade due volte di non saper cosa dire: all'inizio e alla fine d'un amore.
          • Costa una fatica del diavolo conservare una buona opinione di sé. Chissà come fanno, certuni.
          • Diffidate degli ottimisti, sono la claque di Dio.
          • Dio è migliore di quel che sembra, la Creazione non gli rende giustizia.
          • Dovetti scegliere fra morte e stupidità. Sopravvissi.
          • Due infelicità, sommate, possono fare una felicità.
          • È più facile amare gli altri che sé. Degli altri si conosce il meglio.
          • Eppure un guizzo solo di primavera basta a rendere allegra l'anima vedova, a mutare in piani di esaltata Arlecchina queste ostinate gramaglie.
            • E se Dio avesse inventato la morte per farsi perdonare la vita?
            • È un bluff? Non è un bluff? Fra poco muoio e lo vedo.
            • Exercitum in hiberna deduxit, condusse le truppe nei quartieri d'inverno... Così Cesare termina ciascuno dei commentari gallici. È probabile che aspettasse quei giorni d'ozio e quella luce di neve per dettare le sue gesta a uno scriba. Altrettanto dovrebbe ciascuno di noi, serbando all'azione le rimanenti stagioni.
            • Fra imbecilli che vogliono cambiare tutto e mascalzoni che non vogliono cambiare niente, com'è difficile scegliere!
            • Gira, rigira, da Talete in poi la filosofia pesta l'acqua nel mortaio.
            • Gli assenti hanno una volta torto ma novantanove volte ragione.
            • Grido, è vero, ma a fior di labbro.
            • Hic: lo spazio; Nunc: il tempo. Due tappeti volanti, due scale mobili su cui immobile avanzo. E Zenone non mi aiuta.
            • I pregiudizi han più sugo, talvolta, dei giudizi.
            • I ricordi ci uccidono. Senza memoria, saremmo immortali.
              • I sogni: "lavoro nero", ma non pagato, della ragione.
              • I suicidi sono solo degli impazienti.
              • Il dubbio è una passerella che trema tra l'errore e la verità.
              • Il pacifismo è guercio ma il bellicismo è cieco.
              • Il primo segno d'amore consiste nel trasformare un essere che ci era domestico in un demone sconosciuto.
              • Il sonno è amore di morte, l'insonnia paura di morte.
              • Insomma, sarà che siamo ottusi e il Suo riserbo ci frastorna, ma, insomma, qualche chiarezza in più, da parte di Dio, sarebbe stata augurabile.
              • L'immaginazione è "la pazza di casa", m'insegnarono al liceo. La realtà è peggio, risposi: è la scema del villaggio.
              • L'unica cosa asciutta: la sterilità.
              • L'universo: un acrostico dove cerco di leggere Dio.
                • La fama è la gloria venduta a saldo, con gli sconti di fine stagione.
                • La felicità esiste, ne ho sentito parlare.
                • La parola ha preceduto la luce e non viceversa: Fiat lux e la luce fu.
                • La vecchiaia comincia il giorno in cui, invece di scrivere a una donna, le telefoniamo.
                • Le dissi che l'amavo. Incassò la notizia come uno cheque.
                • Meno credo in Dio più ne parlo.
                • Metà di me non sopporta l'altra e cerca alleati.
                • Metri, metronomi, meridiane... L'uomo presume, misurando lo spazio e il tempo, di vincerli, mentre sono essi che misurano lui.
                • "Mi spaventa possedere chi amo, mi spaventa amare chi possiedo." Così disse Adamo e spartì eros e amore. Ma Eva non era contenta.
                • Molte donne si vestono bene, ma tutte si spogliano male.
                  • Molte morti sono suicidi truccati.
                  • Morire. Non fosse che per fregare l'insonnia.
                  • Nascere è umano, perseverare è diabolico.
                  • Non conosco voluttà più pungente del leggere, non già un libro da cima a fondo, ma, pescando a caso, qui una pagina lì un rigo, ritti in piedi, dinanzi alle cascate prodigiose d'una biblioteca.
                  • Non il sonno ma l'insonnia della ragione genera mostri.
                  • Non vedo perché sia legittimo amare insieme Cimarosa, Bach e Stravinskij e sia da fedifraghi amare a un tempo Carolina, Claudia e Maria.
                  • Ognuno sogna i sogni che si merita.
                  • Per fortuna gli eroi muoiono di morte violenta.
                  • Quel colpo di pistola ci ha risparmiato, quanto meno, i dolori del vecchio Werther.
                  • Resta dubbio, dopo tanto discorrere, se le donne preferiscano essere prese, comprese o sorprese.
                    • Riconosco per mio solo ciò che ho scritto con inchiostro simpatico.
                    • Sarò forse presuntuoso ma il mio specchio mi calunnia.
                    • Scrivo poesie che si capiscono, devo sembrare un cavernicolo.
                    • Se Dio esiste, chi è? Se non esiste, chi siamo?
                    • "Se esistesse si saprebbe in giro" disse il filosofo, parlando di non so chi... [Dio]
                    • Senza note a piè di pagina, certe donne non si capiscono.
                    • Si può anche dannare la propria vita, se si ha genio. Se si ha solo talento, è da stupidi.
                    • Tale è la forza dell'abitudine che ci si abitua perfino a vivere.
                    • Un grande scrittore è di solito meno intelligente di molti scrittori minori.
                    • Un pene innamorato è spesso balbuziente.
                      • "Una biblioteca", dice Ralph Waldo Emerson, "è un harem". E se fosse una polveriera?
                      • Una passione è il totale di due malintesi.
                      • Veglia a due, in silenzio, nel buio. Finché uno si decide e mormora all'altro: "Dormi?"
                      • Forse in questo momento in un'aula d'asilo si stanno rifiutando di imparare le aste i futuri incendiari di biblioteche.
                      • Leggere non servì soltanto da risorsa conoscitiva, utile a esplorare, dal fondo del mio pozzo buio, il più che potessi del lontanissimo cielo: significò soprattutto mangiare, saziare una mia fame degli altri e delle loro vite veridiche o immaginarie: dunque fu, in qualche modo, una pratica cannibalesca.
                      • Un libro non è soltanto, o non è sempre, un tempio delle idee o un'officina di musica e luce, è anche un luogo oscuro di sfoghi e di rimozioni, dove si combatte un duello senza pietà, con la sola scelta di guarire o morire.
                      • Vi è una Sicilia "babba", cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia "sperta", cioè furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode. Vi è una Sicilia pigra, una frenetica; una che si estenua nell'angoscia della roba, una che recita la vita come un copione di carnevale; una, infine, che si sporge da un crinale di vento in un accesso di abbagliato delirio.
                      • Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte ritrovarsi a far da cerniera nei secoli fra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, tra la ragione e la magia, le temperie del sentimento e le canicole della passione. Soffre, la Sicilia, di un eccesso d'identità, né so se sia un bene o sia un male. Certo per chi ci è nato dura poco l'allegria di sentirsi seduto sull'ombelico del mondo, subentra presto la sofferenza di non sapere districare fra mille curve e intrecci di sangue il filo del proprio destino.
                      • Capire la Sicilia significa dunque per un siciliano capire se stesso, assolversi o condannarsi. Ma significa, insieme, definire il dissidio fondamentale che ci travaglia, l'oscillazione fra claustrofobia e claustrofilia, fra odio e amor di clausura, secondo che ci tenti l'espatrio o ci lusinghi l'intimità di una tana, la seduzione di vivere la vita con un vizio solitario. L'insularità, voglio dire, non è una segregazione solo geografica, ma se ne porta dietro altre: della provincia, della famiglia, della stanza, del proprio cuore. Da qui il nostro orgoglio, la diffidenza, il pudore; e il senso di essere diversi.
                      • Ogni siciliano è, di fatti, una irripetibile ambiguità psicologica e morale. Così come l'isola tutta è una mischia di lutto e di luce. Dove è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce, e fa sembrare incredibile, inaccettabile la morte. Altrove la morte può forse giustificarsi come l'esito naturale d'ogni processo biologico; qui appare come uno scandalo, un'invidia degli dei.


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