Giovanni Allevi è un pianista, compositore, direttore d'orchestra e scrittore italiano.
Data di nascita: 9 aprile 1969, Ascoli Piceno
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Qualche giorno prima di esibirmi vado a nuotare in piscina. Per suonare il pianoforte e dirigere l'orchestra è necessaria elasticità; così con il contatto dell'acqua rilasso la muscolatura, trovo la concentrazione e ripasso le note.
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Vado matto per la cucina di mia madre, per cui non c'è ristorante od osteria che valga un'uscita. Adoro il pesce e la cucina semplice, genuina. Ma è raro trovare un ristorante che cucini un normalissimo piatto di spaghetti al pomodoro.
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Di Ascoli mi piace l'essenzialità della sua architettura medievale, con le sue torri semplici e squadrate che mi suggeriscono l'idea di fierezza e grandezza del passato. E poi trovo che gli ascolani abbiano uno straordinario senso dell'umorismo: cattivo al punto giusto, esilarante e straordinariamente graffiante.
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Per dire che una persona è passata all'altro mondo il dialetto ascolano utilizza moltissime espressioni. E sono una più colorata dell'altra. La prima che mi viene in mente è "Si è trasformato in terra per i ceci", oppure "Ha stirato le gambe", ma anche "Gli si può dire l'Ave Maria", come pure "Se ne è uscito, riacchiappalo!".
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Ascoli è una città che nel suo passato ha dichiarato guerra a tutti, persino a Roma, nel 98 d.C., due anni prima che la radesse al suolo. Questo spirito combattivo rende gli ascolani gente simpatica e particolarmente buffa.
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Non trovo niente che non mi piaccia di Ascoli: è bella, raccolta, la si gira bene. Una volta pensavo che non offrisse molte opportunità musicali, ma poi mi sono reso conto che non era possibile chiedere tanto a un luogo così tranquillo e misurato. Dovevo spostarmi io, a New York e a Milano, dove vivo oggi.
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Per lavoro viaggio moltissimo: 200 giorni all'anno passati in alberghi di tutto il mondo. Ecco, se posso vorrei lanciare un appello agli albergatori: per favore mettete più frutta fresca e verdura nei menu e spostate più avanti l'orario della prima colazione!
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Se potessi tornerei nel deserto egiziano dove ho suonato nel 2008. Un luogo davvero poetico. Per arrivare al concerto il pubblico era stato trasportato a bordo di 500 jeep, ma erano i beduini a fare strada affidandosi unicamente alle stelle.
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Mi piacerebbe cercare e percorrere i luoghi desolati di Charles Bukowski, il mio scrittore preferito insieme a Paulo Coelho. Di lui ho letto praticamente tutto. Mi piace perché è cinico, desolato, terreno e volgare, ma in maniera autoironica. Penso che nei periodi di crisi, come quello che stiamo vivendo noi, l'uomo risvegli le sue due anime: quella spirituale e quella terrena. E lui lo fa in maniera esemplare.
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Nella mia valigia, che poi è uno zainetto, non manca mai la bacchetta da direttore d'orchestra, la partitura di Evolution, la maglietta elasticizzata nera che uso sul palco, un paio di jeans blu scuro, un paio di Converse All Star nere e la crema per addomesticare i capelli ricci. Nessun iPod. Il mio è un iPod tutto mentale.
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